Lettera apostolica del santissimo Padre in Cristo e Signore nostro
Leone XIII  con la quale sono decretati gli onori dei Santi ai Beati VII Fondatori dell’Ordine della Beata Maria Vergine 22 gennaio 1888

LETTERA DA MONTE SENARIO

Firenze, la madre e nutrice di grandi e santi uomini, ha generato nel secolo tredicesimo dopo Cristo sette di questi intercessori: ce ne rallegriamo vivamente con la nostra Italia. Questi sono i loro nomi: Bonfiglio Monaldi, Bonagiunta di Manetto, Manetto dell’Antella, Uguccione degli Uguccioni, Amadio degli Amidei, Sostegno dei Sostegni, e Alessio Falconieri.
Essi, trovandosi a vivere in tempi turbolentissimi, sia  per il terribile e tristissimo scisma di Federico II, sia per le sanguinose discordie civili che minacciavano di annientare la civiltà cristiana trascinandola in un precipizio, ritennero che non adoperandosi per opporsi a tanti mali ci si separava  dalla religione e dai comandamenti di Cristo. Si iscrissero perciò a un’associazione di uomini devoti, già sviluppatasi a Firenze, che per le lodi rivolte alla Beata Vergine (lodavano infatti la Vergine affinché per mezzo di lei Cristo nostro redentore e giudice fosse propizio) era contraddistinta con il titolo di Laudesi, e in breve avvenne che per la loro virtù e i loro esempi quella pia società crescesse fino a duecento uomini, ragguardevoli per censo e nobiltà. Ciò accadde circa l’anno del Signore 1233. Nello stesso anno, mentre i sette Uomini nel giorno dedicato alla Vergine accolta in Cielo pregavano con maggiore fervore nella predetta associazione, sembrò loro di vederla e di udirne l’invito a intraprendere un genere più perfetto di vita, abbandonare la nobiltà della famiglia e le ricchezze e dedicarsi completamente al servizio di Cristo. i Sette distribuirono ai poveri il rilevante patrimonio e, indossato il cilicio sotto vesti vilissime e logore, si ritirarono nel medesimo anno, nel giorno natalizio della Beatissima Vergine,  in una piccola casetta di campagna a Villa Camarzia, vicino alla città.
Qui poi stabilirono per sé queste osservanze: prediligere Dio, stando uniti tra loro con somma carità; amare il prossimo; domare il corpo con continui tormenti, alimentare lo spirito con una assidua contemplazione e preghiera, rendendolo celeste, per quanto è possibile sulla terra.
Gli impegni che si erano proposti li portarono con l’aiuto di Dio a tale perfezione che i fiorentini, ammirati dalla loro perseveranza in un genere di vita estremamente difficile, li reputarono più che uomini e Dio confermò l’opinione del popolo con un grandissimo e dolcissimo miracolo.
Si narra infatti  che mentre i nostri compagni andavano elemosinando, per vivere, alle porte delle case, non solo i bambini ma anche i neonati li acclamarono con queste parole: “Ecco i servi della Beata Maria Vergine: ecco i servi della Beata Maria Vergine”.….dopo questo miracolo i Sette Beati, spinti dall’umiltà e insieme dal  desiderio di meditare lontano dalle folle, in maniera più tranquilla e quindi più approfondita, i misteri della Passione del Signore e i dolori della santissima Vergine, si ritirarono sul Monte Senario.
Quanto grandi poi siano state qui la loro santità, l’austerità, la concordia, la manifestazione sincera e superiore alla misura umana  delle altre virtù, in particolare della fede, della speranza e della carità, lo annota con queste parole Benedetto XIV:  i Sette Fondatori vissero nell’eremo così piamente e santamente e con tanta mortificazione dei sensi.
Vivevano  infatti in grotte, accontentandosi solo di acqua e di erbe; e frattanto castigavano il corpo con veglie e cilici per ridurlo a servizio dello spirito. Avvenne quindi che si verificasse un frequente concorso di persone all’eremo: molte di esse desideravano ardentemente di unirsi come compagni ai nostri Beati.…………avvenne la terza domenica di quaresima nell’anno 1239: i sette Beati videro una piccola vite, da loro piantata poco prima sul Monte Senario, ridondante improvvisamente  di fiori, di fronde e di grappoli copiosissimi.
La Vergine clementissima non solo ispirò, ma apparendo ai Beati l’anno seguente 1240, nel giorno della Parasceve, indicò ed espose tutta la natura del futuro Ordine. Dispose che i nuovi membri dell’Ordine, vestiti di una veste nera, andassero ricordando i suoi dolori; comandò che osservassero la regola di sant’Agostino; consacrò poi il nome  della famiglia religiosa, quello cioè di “Servi di Maria”.

Sacro Eremo di Montesenario – Mercoledì 14 febbraio 2018 .

INIZIA LA QUARESIMA

Il tempo del Sacramento quaresimale abbraccia   la successione di quaranta giorni a partire dal  mercoledì  delle Ceneri fino alla domenica delle Palme .In  questo  periodo la liturgia è dominata da alcuni temi fondamentali , cui accennerò brevemente in questa riflessione : il numero quaranta, le ceneri, il deserto, il diavolo tentatore .

Il numero quaranta

Il numero quaranta  è, nel linguaggio religioso, un numero simbolico: sottolinea la fase critica  che precede  una trasformazione, il passo avanti nello sviluppo  della coscienza, il compimento di un ciclo e il suo  passaggio a un ordine differente di pensiero, di azione  e  di vita .

Le Ceneri.

La cenere di cui veniamo cosparsi è ricavata dai rami dell’ulivo, benedetti il giorno delle Palme dell’anno pre­cedente. La cenere di ulivo che viene posta sulla fronte dei fedeli non è segno di cordoglio, ma è la rianimazione, attraverso il rito, della nostra vita con la quintessenza dell’ulivo-Cristo. È un gesto tendente a renderci più vivamente partecipe delle forze redentive di Cristo. «Ricordati che sei un’essenza spirituale  e in  Cristo devi risorgere in una realtà spirituale».

 deserto

Il «deserto», come luogo dove lo Spirito conduce Cristo perché sia tentato dal Diavolo, costituisce l’ambiente  del periodo quaresimale. Il « deserto” non è uno spazio geografico, ma una situazione concreta  in cui l’uomo viene continuamente a trovarsi.

 

Il Diavolo

Nel « deserto » Cristo e con lui noi uomini incontriamo il  Diavolo. Etimologicamente significa quella potenza misteriosa che attraversa il cammino verso Dio. Nella tentazione del deserto l’anima umana viene posta  davanti a un bivio: o aderire tenacemente  alla permanenza delle forme rifiutandone la distruzione, o accettare  quest’ultima per avanzare in nuovi orizzonti  vitali.(P.Giovanni Vannucci)